La Risorsa Forestale
La maggior parte del territorio del Parco Regionale della Grigna Settentrionale è boscato: sono infatti circa 4.000 gli ettari di superficie forestale ricadenti all’interno dell’area protetta. Prevalentemente di proprietà pubblica sono soprattutto le zone più elevate, mentre a Esino Lario, Parlasco e Primaluna, la proprietà privata è estremamente frammentata, analogamente a quanto accade in comune di Pasturo, dove gli appezzamenti sono di dimensioni sempre modeste.
Se i boschi di conifere sono poco diffusi e praticamente abbandonati dal punto di vista gestionale, le foreste di latifoglie sono invece ben rappresentate e risvegliano ancora un seppur blando interesse economico degli operatori del settore e delle popolazioni locali. Nel passato, infatti, il bosco ed il pascolo hanno permesso il sostentamento della maggior parte delle famiglie del Parco, mentre oggi queste risorse rivestono importanza economica solo per poche decine di persone.
Pur registrando una certa ripresa dell’interesse per il legname, dopo un lungo periodo negativo successivo al secondo dopoguerra, tagli di una certa entità ed estensione raramente vengono effettuati nell’area protetta.
In passato, soprattutto nel ‘800, ogni angolo recesso delle montagne veniva percorso da schiere di boscaioli, generalmente raggruppati in grosse squadre, che tagliavano boschi di faggio (fo), carpino nero (carpen) e castagno (castegna) anche nelle zone più impervie e lontane dai centri abitati. Non era raro che alcuni boscaioli venissero calati con corde su pareti rocciose dai compagni, per segare qualche pianta scampata ai tagli della scure o dell’accetta.
Il bosco garantiva sia il legname per costruire le abitazioni, che il materiale da ardere per il riscaldamento e cucinare, o per lavorare il latte. I tronchi venivano fatti scendere lungo i canali o i pendii bagnati o gelati a colpi di “zappino”, mentre le fascine fatte con le ramaglie minute venivano trasportate sino nelle città e utilizzate nei forni per cuocere il pane.
Di queste attività oggi rimangono oramai solo i ricordi, ma, pur essendo passati tantissimi anni, non è raro trovarne traccia: anche alle quote più elevate si possono scovare all’interno del bosco le ampie aie carbonili, zone generalmente pianeggianti e di forma circolare o ellittica, ove sino a 50-60 anni orsono veniva prodotto il carbone. In queste superfici si trasportava e si raccoglieva il materiale legnoso, accumulato in grosse cataste ordinate, ricoperte poi di terra per permettere alla pira di bruciare lentamente, senza ossigeno, anche per 6-7 giorni e di ottenere produzioni di parecchi quintali. Una volta spento, il carbone veniva trasportato a valle o a dorso di mulo o a spalle.
Altri segni di evidente sfruttamento e dipendenza dell’economia locale dalla risorsa forestale si possono rintracciare in alcuni usi e consuetudini rimasti in vita sino ai giorni nostri: si tratta delle utilizzazioni boschive ancor oggi effettuate dai cittadini privati sulle superfici pubbliche. Soprattutto nei territori di Esino Lario e Parlasco, esistono i così detti “diritti d’uso civico”, regolamentati da secoli, che garantiscono ai “censiti” l’utilizzo della risorsa forestale sull’area comunale; in pratica, il terreno risulta esser di proprietà municipale, ma il soprassuolo arboreo (detto “bosco focolare”, o “sorte”, o “parte”) è a disposizione del censito, il quale ha la possibilità di ottenere da tagliare anche più aree boscate. Tale diritto viene passato al legittimo successore, garantendo quindi una sorta di proprietà promiscua del bosco, sin che una famiglia non si estingue e il terreno può tornare a disposizione di tutti.
Recentemente, studi dendrocronologici effettuati sul Lariceto presente in Moncodeno hanno permesso di ricostruire sia le attività di disboscamento susseguitesi nel corso degli ultimi 6-7 secoli, che quelle di pascolo: nel passato l’uomo ha infatti denudato ampie aree, sia per ottenere materiale legnoso, che per ampliare le superfici prative. Nella zona del Moncodeno si è potuto appurare che grandi tagli e disboscamenti si sono succeduti sino a circa 140-150 anni fa, per poi diminuire progressivamente, con una interruzione drastica nel corso del Novecento. Tale abbandono delle utilizzazioni ha determinato una costante avanzata della copertura arborea, che hanno rioccupato vaste superfici un tempo destinate all’allevamento.
Oggi, come si diceva, si è in parte ricominciato a tagliare i boschi, soprattutto quelli di faggio nelle aree più vicine agli abitati o alle strade: la richiesta di legna, prevalentemente da ardere, è in ripresa, poichè parecchie famiglie riscaldano le proprie abitazioni con caminetti o caldaie. È comunque difficile assistere a tagli in aree poco accessibili o all’utilizzazione di soprassuoli con legname di scarso valore economico.
Affascinante è ritrovare, camminando nei boschi del Parco, le piante rilasciate in bosco come matricine anche oltre due secoli fa: nell’area di Cainallo o di Piattedo si possono osservare splendidi esemplari di faggio con tronchi di diametro superiore al metro, talvolta anche il doppio, oppure vecchissimi larici contorti. Si tratta di esemplari maestosi, con età spesso superiore ai 3-4 secoli, che hanno superato senza problemi le avversità del tempo e testimoniano con la loro resistenza la forza della natura e l’integrità di questa area.
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